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Se ne è andato a 84 anni Lorenzo Viani

  • Immagine del redattore: Alessandra Meldolesi
    Alessandra Meldolesi
  • 23 gen
  • Tempo di lettura: 2 min


Lorenzo Viani e la figlia Chiara
Lorenzo Viani e la figlia Chiara

Il suo Lorenzo a Forte dei Marmi ha scritto la storia della ristorazione di mare. Carismatico, instancabile, grande conoscitore della materia prima, Lorenzo Viani ha creato un format dal successo travolgente che ha contribuito al mito della Versilia.


Voleva fare il calciatore, Lorenzo Viani, figlio di un maestro d’ascia al cantiere navale, che allacciava a sua volta gli scarpini. Se solo fin da ragazzino, per mettersi in tasca qualche lira, non fosse sceso in barca a dare una mano o a scaricare le cassette.


 Da lì una storia d’amore con il pesce e la cucina che non è mai finita. Garzone, bagnino, studente all’alberghiero e campione di pesca al branzino, aveva iniziato a mettersi ai fornelli per gli amici, per poi battere i grandi alberghi in sala, nell’età dell’oro delle lampade.


Dopo un paio di pizzerie di successo a Lido di Camaiore, aveva aperto il suo Lorenzo nel 1981 come semplice trattoria di pesce, per trovare presto un partner in crime nello chef Gioacchino Pontrelli, passato per il Quisisana e da Paracucchi a Sarzana.

Era il 1984 quando era entrato in veste di secondo del cugino, che avrebbe presto rimpiazzato.  “Non preoccuparti, cominciamo piano piano”, lo aveva rassicurato.

E in effetti, anche dopo la stella Michelin, quello restava uno dei pochi locali italiani intitolati al patron, carismatico regista dell’esperienza. Uno che la mattina presto si aggirava col camioncino refrigerato fra Livorno, Viareggio e Massarosa per accaparrarsi di persona il pesce migliore.

“Ho provato a delegare a un fornitore, ma in fondo alla cassetta non c’era mai quel che volevo”, si crucciava. Solo aragoste di fondale e vongole selvagge, il pesce nero catturato in profondità insieme agli scampi di due barche, che lavoravano in esclusiva, i gamberetti di fondale e i viola liguri, “tanta roba”. “Poi alla fine dell’estate, quando l’acqua torbida sfocia in mare, prendo le reti e faccio mattanza. Alla bocca del Serchio, ingrassata dai torrenti, raccolgo le cozze per la zuppa più buona del mondo”.


La sua maionese montata in sala, fra i quadri dell’omonimo zio pittore, era diventata leggendaria: la maionese per antonomasia fin dal 1981, classica eppure “azzardata” perché rinforzata nel contenuto di olio, ben mezzo litro fra girasole e olive su 3 tuorli.

Ma in bassa stagione Lorenzo tirava fuori anche i vassoi e le cloche, incantando con riti d’altri tempi, mentre la cucina si faceva vieppiù raffinata, senza tradire la materia.

E il successo travolgente si misurava ogni giorno dalla lista d’attesa degli aspiranti ospiti, fra cui vip che si mettevano pazientemente in fila per il secondo servizio.

Merito anche di una presenza fisica abbagliante, che gli aveva guadagnato il soprannome di “Paul Newman della cucina italiana” e che l’età non aveva scalfito.


Malato da tempo, dopo qualche anno vissuto in disparte se ne è andato il 22 gennaio, rimpianto dalla figlia Chiara, che da tempo aveva preso in mano la sala, dalle brigate del ristorante e dal popolo dei suoi clienti affezionati.

“Con lui se ne va un pezzo di storia della Versilia”, ha commentato l’amico Filippo Di Bartola, ristoratore a Pietrasanta e suo discepolo.

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